| Se per pratiche "ripetitive ed annullati" ti riferisci al Buddhismo, continuo a perprimermi di che razzi di esperienze tu abbia mai fatto. Un praticante Buddhista, hai ragione, non può essere ateo. Non nel senso etimologico del termine. Difatti la posizione "atea" è speculare a quella fideistica (ad esempio) cristiana, ma non differente. L'ateo non crede in Dio, àtheos significa letteralmente senza Dio. Si pone comunque in qualche modo, in relazione con il problema dell'esistenza di Dio, un Dio la cui esistenza non può essere comprovata. Dunque, sia nel caso del credente, che dell'ateo, siamo in una posizione di fede. Fede nell'esistenza e fede nella non esistenza. Dato che come non esistono prove oggettive inconfutabili della esistenza, non ne esistono della sua non esistenza. E' come se io ti dicessi che in un'altra dimensione in alcun modo percepibile da noi, esiste un enorme prosciutto viola, che tutto sa, tutto crea e può ogni cosa. Io non posso dimostrarti la sua esistenza, nè tu puoi fare il contrario. In entrambi i casi, serve fede.
Diverso invece è l'atteggiamento Buddhista. Difatti, non prende proprio in considerazione il "problema di Dio" inteso come motore immobile Aristotelico, per capirci. Diverso l'atteggiamento sulla "creazione". Quindi un Buddhista potrebbe piuttosto definirsi agnostico, questo ovviamente da un punto di vista propriamente etimologico. Il Buddhismo, se spesso viene definito una forma di ateismo (io stesso l'ho fatto per semplicità) è più propriamente una forma di agnosticismo, o meglio ancora un apofatismo ontologico.
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