| ecco cosa dice ken wilber, esperto di meditazione e filosofia non solo orientali , riguardo alla pratica meditativa buddhista chiamata vipassana . consideriamo che lui ha praticato per tanti anni la via del buddha e a quanto pare i benefici non sono poi cosi' tanti... anzi il rischio è grosso LA MEDITAZIONE E L'OMBRA (DISSOCIAZIONE E DISIDENTIFICAZIONE): Qui è dove la storia entra in collisione con la meditazione e la contemplazione. Quello che questi “studiosi dell’ombra” occidentali hanno scoperto, come abbiamo osservato, è che nei primi stadi di sviluppo, parti dell’io (parti della soggettività: “io”) possono essere scissi o dissociati. Quando questo accade queste parti dell’io appaiono come ombra e sintomi, e diventano “essi” (cioè aspetti dell’io appaiono come “essi”, oggetti esterni). Quando c’è repressione, è ancora possibile sperimentare la rabbia, ma non è più possibile sperimentare la proprietà della rabbia.
La rabbia, iniziata come un “io”, è adesso un “esso” nella mia consapevolezza, e posso praticare la meditazione vipassana su questa rabbia-oggetto quanto voglio, sia che utilizzi la “pura attenzione” sia che osservi semplicemente che “emerge rabbia, emerge rabbia, emerge rabbia” – ma tutto quello che potrò fare è solo affinare e intensificare la mia consapevolezza della rabbia in quanto “esso”. Gli sforzi meditativi e contemplativi di fatto non riescono a raggiungere il problema originario, cioè il fatto che c’è un fondamentale problema di proprietà-confine. Disfarsi del confine, come aiuta a fare la meditazione, semplicemente nega e sospende il problema sul piano dove esso è reale. Esperienze dolorose hanno dimostrato spesso che la meditazione non risolve l’ombra originaria, può invece spesso esacerbarla.
Visti tutti i meravigliosi benefici della meditazione e della contemplazione, è ancora problematico ammettere che persone che meditano da lungo tempo possiedono ancora importanti elementi di ombra. Dopo 20 anni di meditazione hanno ancora quegli elementi di ombra. Forse è perché, come quelle persone rivendicano, non hanno ancora meditato abbastanza. Magari altri 20 anni? O forse il fatto è che la meditazione non riesce a risolvere quel problema… La trascendenza è stata a lungo definita come un processo di dis-identificazione. E agli studenti di meditazione era di fatto insegnato a dis-identificarsi con qualsiasi “io o me o mio” si manifestasse. Nella patologia, vi è una dis-identificazione o dissociazione di parti dell’io (self), quindi dis-identificarsi è il problema, non la cura. Se la proprietà di alcuni aspetti dell’io viene negata, essi appaiono come un esso, e questa non è trascendenza, questa è patologia. Negare la proprietà non è dis-identificazione, ma negazione. E’ il cercare di dis-identificarsi da un impulso prima che sia riconosciuto e sentito, e questa non appropriazione produce sintomi, non liberazione. E una volta che si è prodotta la non appropriazione, il processo di disidentificazione e di distacco della meditazione la renderà probabilmente ancora peggiore . Conlcusioni: Diciamo che io sono dedito a una pratica di meditazione molto sofisticata come quella del Buddhismo Tibetano (Vajrayana), e sto lavorando con la “trasmutazione delle emozioni”. Questa è una tecnica molto potente in cui il meditante contatta un’emozione negativa presente in quel momento, ne prende coscienza tramite la chiara e brillante consapevolezza non duale sempre presente, quindi lascia che l’emozione negativa si trasformi nella corrispondente saggezza trascendentale. Quindi io inizio con il mio incubo, mi rendo conto che ho paura a causa del mostro. Di fronte al mostro, provo una grande paura. Quindi opero una trasmutazione di quell’emozione, vengo istruito a stare con quell’emozione, a rilassarmi in quella paura e quindi lasciare che si dispieghi e si sciolga nella sua corrispondente trasparente saggezza.
Tutto bene... A parte il fatto che la paura stessa è un’emozione non autentica e falsa (cioè il prodotto di una repressione) e trasmutare emozioni non autentiche non soltanto presume e rinforza l’inautenticità, ma le converte in ciò che possiamo chiamare saggezza non autentica, cioè saggezza che poggia su false basi. La repressione è ancora lì! Non è stato fatto nulla per risolverla. Perciò, ogni volta che tu sperimenti la rabbia, sarà proiettata per creare mostri intorno a te, cosa che farà emergere la paura in te (che è paura della tua propria rabbia, non paura del mostro), e tu contatterai la paura e trasmuterai la paura – non raggiungendo MAI la vera e autentica emozione della rabbia. Ti riapproprierai della non autentica emozione della paura, non della autentica emozione della rabbia.
morale della favola...: se lo dice che lui che è un esperto...!!!
|